Eccoci all’appuntamento con l’MTC. Questo mese vanno in scena i muffins.
Chiamateli col loro nome di battesimo. Io da ora in poi non mi sbaglierò più.
Vi confesso che nei miei rigurgiti di fondamentalismo linguistico mi sono sempre rifiutata di chiamare quei mini dolci col loro nome anglo-americano:“Chiamateli tortine che diamine. Il nome italiano esiste, usiamolo!”. In quei momenti manca solo che sventoli il tricolore brandendo un tomo dell’Accademia della Crusca.
Perché se il connubio libri-cucina è la quintessenza e la ragione effettiva del mio blog, un conto è abbinare un piatto qualunque che ricordi un libro o il suo autore, fin li è stato facile: J.Amado=cucina brasiliana, P.D.James=cucina inglese, eccetera.
Ma adesso devo abbinare quel piatto a un testo attraverso la scelta di qualche ingrediente.
Perché io come lettrice sono piuttosto mutevole. Cambio autori e generi a seconda dell’umore. Di quello di cui ho bisogno sentirmi raccontare in quel momento. Ho i periodi, come Picasso. Quando invece non cambio genere da un giorno all’altro. O dalla mattina alla sera.
Comunque, dovevo scegliere un solo testo. E alla fine ho scelto. Un parto.
Qualcuno è rimasto li, altri sono ritornati riportando indietro un po’ di quelle atmosfere, almeno nella cucina. Infatti in questo paesino dell’entroterra ligure si conosce bene l’asado, le empanadas, il dulche de leche e naturalmente il matè. O almeno li si conoscevano. Perché venendo a mancare i vecchi legami con quel mondo si stanno perdendo anche i legami con la sua cucina.
Che poi il tango pare sia stato inventato da italiani immigrati. Quindi il cerchio si chiude.
Maicena che sono farciti con questa crema e accompagnano il mate.
Il rum non ha bisogno di spiegazioni: i gauchos nella pampa non bevono mica succhi di frutta!
Il lime l’ho messo perché è una nota di freschezza caraibica che ci sta bene.
MUFFINS AL MATÈ E LIME CON DULCHE DE LECHE.
100g amido di mais,
50g di farina di mais fioretto,
100g zucchero di canna,
200ml latte,
80g burro morbido,
50 ml di rum chiaro,
2 uova,
2 cucchiai di yerba mate,
1 lime,
8g lievito per dolci,
un pizzico di bicarbonato,
un pizzico di sale.
In un’altra ciotola lavorate il burro a crema con lo zucchero e unite le uova, il latte, il liquore, la scorza del lime grattugiata e due cucchiai di succo.
Versate il composto liquido al centro di quello solido e lavorateli velocemente e brevemente per amalgamarli. Deve comunque restare un impasto grumoso.
Riempite i gli stampini imburrati o rivestiti con gli appositi pirottini di carta fino all’orlo.
Infornate a 180° per circa 25 minuti.
Serviteli tiepidi con il dulce de leche e naturalmente una tazza di mate.
Non sto a raccontarvela altrimenti questo post diventa lungo come “Via col Vento”.
La ricetta è semplicissima, richiede solo un paio d’ore di pazienza o un supermercato più fornito del mio. Comunque si tratta di una confettura di latte e zucchero, cotti lentamente fino ad ottenere la consistenza di una ganache e il colore e il sapore delle caramelle mou.
Ho postato il procedimento QUI.
Chiamateli col loro nome di battesimo. Io da ora in poi non mi sbaglierò più.
Vi confesso che nei miei rigurgiti di fondamentalismo linguistico mi sono sempre rifiutata di chiamare quei mini dolci col loro nome anglo-americano:“Chiamateli tortine che diamine. Il nome italiano esiste, usiamolo!”. In quei momenti manca solo che sventoli il tricolore brandendo un tomo dell’Accademia della Crusca.
In effetti quei dolci monoporzione che fin’ora preparavo io sono tortine. Come del resto la maggior parte di quelli che di solito vengono chiamati muffins. Ma muffins proprio non sono, in quanto il procedimento è chiaramente diverso: le prime si preparano come una classica torta, ben sbattute, montate e omogenee, cotte però in stampi monodose; gli altri si preparano lavorando il meno possibile l’impasto, anzi val bene qualche grumo.
Per cui se volete pronunciare la parola muffin attenzione che lo siano sul serio, altrimenti sono tortine. Discorso a parte per quanto riguarda i Cup Cakes, ma andatevi a leggere il postdettagliato dell’MTC al riguardo.Espletato il mio dovere patriottico, adesso vi posso dire in tutta sincerità che io un muffin vero non l’ho mai preparato. Per sapere esattamente come si fanno c’è voluta Francesca che ha scelto l’argomento della sfida.
Però non poteva essere così semplice. Ma non siamo mica qui a far la barba alle cozze!
Nossignori. Nostra signora delle complicazioni, la regina dell’elemento sorpresa, la sacerdotessa degli imprevisti e possibilità che neanche al Monopoli, cioè Alessandra, ci ha messo lo zampino e ha richiesto che questi muffins fossero ispirati a un testo letterario, libro, poesia, canzone che in qualche modo ci rappresenti o che ci ha colpiti.“Ma è una figata pazzesca!” Ho detto subito io.
“Oh mammamia adesso che faccio?” Ho pensato subito dopo.Perché se il connubio libri-cucina è la quintessenza e la ragione effettiva del mio blog, un conto è abbinare un piatto qualunque che ricordi un libro o il suo autore, fin li è stato facile: J.Amado=cucina brasiliana, P.D.James=cucina inglese, eccetera.
Ma adesso devo abbinare quel piatto a un testo attraverso la scelta di qualche ingrediente.
Mettiamoci pure che hanno iniziato a girarmi in testa mille idee, mille titoli di libri, una cacofonia di voci di autori diversi che mi urlavano nella testa “scegli me, scegli me!”. Un delirio.
Ho dovuto andare per eliminazione. Ma è stato come tradire degli amici.Perché io come lettrice sono piuttosto mutevole. Cambio autori e generi a seconda dell’umore. Di quello di cui ho bisogno sentirmi raccontare in quel momento. Ho i periodi, come Picasso. Quando invece non cambio genere da un giorno all’altro. O dalla mattina alla sera.
Comunque, dovevo scegliere un solo testo. E alla fine ho scelto. Un parto.
Innanzi tutto ho scelto il genere che mi rappresenta di più: i diari di viaggio, veri o romanzati ma sempre viaggi in posti il più lontano possibile da qua. E già la dice lunga sul fatto che se potessi vivrei con la valigia in una mano e il biglietto aereo nell’altra.
Dopo questa già notevole selezione, ho dovuto scegliere quale tipo di viaggio: quelli fantastici e romanzeschi di Jules Verne, Salgari, Twain. Quelli crudi, realistici e meditativi dei reportage di Terzani e Lapierre. O quelli sempre realistici ma più zingareschi e spesso goliardici di Bettinelli, Bryson, Roversi e persino Cherubini (nel senso proprio di Jovanotti!)
Poi c’è la questione di scegliere un paese, una zona del mondo piuttosto che un’altra.Volevo quasi quasi far girare il mappamondo e puntare il dito a caso. Scelto il paese scelto il libro. O almeno avrei dato un’altra bella scrematura.
Poi come sempre mi succede, anche in libreria, è il libro a scegliere me e non il contrario.Sono stata scelta da “In Patagonia” di Bruce Chatwin e sono ripartita di nuovo con lui in viaggio lungo tutta l’Argentina. Da Buenos Aires fino alla Terra del Fuoco, attraverso la Pampa sconfinata, con gauchos, fattorie sperdute, indios e personaggi incredibili venuti a vivere qui da ogni parte del mondo per i motivi più disparati.
L’Argentina, come l’Uruguay e il Cile, sono un po’ il simbolo dell’esilio, del cambiamento, della ricerca di un’altra vita. Nel dopoguerra molti italiani si sono trasferiti laggiù a cercar fortuna.
Dal mio paesino in provincia di Savona sono partiti in tanti per Buenos Aires o Montevideo. Anche nella mia famiglia. Zii, cugini, parenti alla lontana.Qualcuno è rimasto li, altri sono ritornati riportando indietro un po’ di quelle atmosfere, almeno nella cucina. Infatti in questo paesino dell’entroterra ligure si conosce bene l’asado, le empanadas, il dulche de leche e naturalmente il matè. O almeno li si conoscevano. Perché venendo a mancare i vecchi legami con quel mondo si stanno perdendo anche i legami con la sua cucina.
Ma io mi ricordo di mia nonna che a merenda mi dava il matè con i biscotti. Anche se lei in Argentina non c’era mai stata. Ma aveva dei parenti li. Ho ancora delle vecchie cartoline.
Invece mio zio, fratello del nonno, in Uruguay ci ha vissuto per molti anni. A casa sua parlavano spagnolo fra loro, anche perché la nuora è uruguayana. Io ero spesso in casa loro, perchè andavo a giocare con la mia cuginetta Silvia, che è mia coetanea. Con me parlavano italiano, ma io sentivo quelle parole, quelle sonorità e quella musicalità e mi è rimasta un po’ dentro. Non ho imparato lo spagnolo, purtroppo, ma ho fatto così tante volte merenda col mate e il dulce de leche che forse mi è rimasta dentro una curiosità e un affetto particolare per il Sud America. Che dall’Argentina e dall’Uruguay si è esteso poi in tutto il continente.I miei autori preferiti arrivano da li. Non mi perdo un reportage di viaggio da quelle zone.
Adoro tutta la musica e il ballo che provengono da quei luoghi, tango in testa. Ne rimango rapita ogni volta. Non sono ancora riuscita a convincere mio marito a imparare il tango argentino, per ora. Ma l’ho presa alla larga: ho iniziato con i balli caraibici, salsa, bachata, adesso kizomba. Arrivare al tango ormai è un attimo. (Io la butto li!).Che poi il tango pare sia stato inventato da italiani immigrati. Quindi il cerchio si chiude.
Ritornando a Chatwin, lui si è messo in viaggio attraverso quasi un continente. È stato ospitato in fattorie sperdute nella pampas, ha conosciuto persone dalle storie incredibili e ha raccontato la storia o la leggenda di gauchos, fuori legge, avventurieri. Ha mangiato asado, carne alla brace, in loro compagnia.
Questo è il libro-simbolo dei racconti di viaggio, almeno per me.Per questo i miei muffins sono dedicati a Chatwin, alla Patagonia, all’Argentina, ma anche all’Uruguay e a mia cugina Silvia, che ora abita li e che magari un giorno riuscirò ad andare a trovare. Avrei potuto preparare i muffins all’asado. Di certo sarebbero stati originali. E non è detto che non ci provi. Ma ho preferito rimanere un po’ più sul classico e riunire nel muffins la bevanda e il dolce simbolo di quei luoghi: mate e dulce de leche.
L’amido di mais e la farina di mais richiama i famosi biscotti argentini, gli Alfajores de Maicena che sono farciti con questa crema e accompagnano il mate.
Il rum non ha bisogno di spiegazioni: i gauchos nella pampa non bevono mica succhi di frutta!
Il lime l’ho messo perché è una nota di freschezza caraibica che ci sta bene.
Ingredienti per 12 muffins:
200g farina 00,100g amido di mais,
50g di farina di mais fioretto,
100g zucchero di canna,
200ml latte,
80g burro morbido,
50 ml di rum chiaro,
2 uova,
2 cucchiai di yerba mate,
1 lime,
8g lievito per dolci,
un pizzico di bicarbonato,
un pizzico di sale.
Fate intiepidire il latte e mettete in infusione un cucchiaio di matè. Lasciate raffreddare e filtrate.
Mescolate in una ciotola le farine con L'amido, il lievito, il bicarbonato, il sale e il restante mate.In un’altra ciotola lavorate il burro a crema con lo zucchero e unite le uova, il latte, il liquore, la scorza del lime grattugiata e due cucchiai di succo.
Versate il composto liquido al centro di quello solido e lavorateli velocemente e brevemente per amalgamarli. Deve comunque restare un impasto grumoso.
Riempite i gli stampini imburrati o rivestiti con gli appositi pirottini di carta fino all’orlo.
Infornate a 180° per circa 25 minuti.
Serviteli tiepidi con il dulce de leche e naturalmente una tazza di mate.
Potete mettere il dulce de leche anche dentro i muffins, come ripieno. Riempite i pirottini quasi fino all’orlo, mettete mezzo cucchiaino scarso di crema e ricoprite con altro impasto.
La crema tende a scendere in cottura, quindi conviene aggiungerla quasi in superficie (non come ho fatto io …). Infornate come prima. Non abbiate paura di riempire i pirottini fino all’orlo. L’impasto dei muffins è granuloso e sodo, diverso da quello delle torte montate, e non cola ovunque in cottura. Anzi si gonfia verso l’alto formando la classica cupoletta a fungo tipica dei veri muffins.
Dulche de leche.
La storia del dulce de leche è molto carina e come spesso capita riguarda un errore in cucina.Non sto a raccontarvela altrimenti questo post diventa lungo come “Via col Vento”.
La ricetta è semplicissima, richiede solo un paio d’ore di pazienza o un supermercato più fornito del mio. Comunque si tratta di una confettura di latte e zucchero, cotti lentamente fino ad ottenere la consistenza di una ganache e il colore e il sapore delle caramelle mou.
Ho postato il procedimento QUI.
Yerba Mate
Il Mate, o Maté o Yerba Mate è praticamente un’infusione, una tisana, nonché la bevanda nazionale di questi due paesi. Dicono sia snellente perché ha la proprietà di togliere l’appetito. Con me non ha mai funzionato, nemmeno da piccola, la mia fame è più forte di tutto.